Questo mese esporrò alcune opere nell’ambito della rassegna CoolStreet Tour Bologna 2019, presso  Max e Giò in via dell’Inferno n° 22/A, dal 17 al 30 Giugno. I dipinti saranno visionabili nelle normali ore di apertura del negozio, con una visita guidata il 22 Giugno a cura di Maria Rapagnetta.

Un grazie speciale va a Daniela Delvecchio, ideatrice e curatrice dell’intero progetto CoolStreet Tour.

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“COOL-TOUR STREET è un progetto dedicato alle strade di Bologna con cultura, arte, storia, memoria e contemporaneità Quest’anno vi condurrà nel tracciato labirintico del Ghetto ebraico racchiuso dalle storiche vie: Oberdan, Marsala e Zamboni, ove in altrettante piazzette sboccano ai sui varchi, con un intenso ed approfondito programma di visite, proposte editoriali ed opere d’arte contemporanea ospitate ed esposte negli spazi di diverse funzioni, attività commerciali e professionali. Alla metà del ’500, in una fase di tensione socioeconomica e culturale, nella Bologna sotto il diretto dominio pontificio, venne istituzionalizzato il Ghetto di Bologna, il quartiere destinato agli ebrei, come altre città italiane possedevano. Con un costoso e rapido intervento urbanistico, nel 1566 fu circoscritta l’area identificando così specifici punti di accesso, con chiusura notturna. La realtà del Ghetto di Bologna ebbe una breve durata decretata nel 1593 con la definitiva concentrazione degli ebrei dello Stato Pontificio a Roma e ad Ancona, che li obbligò all’abbandono della città per lungo tempo. Precedentemente, tra ‘300 e ‘400, nel periodo di maggior consistenza e floridezza della presenza ebraica a Bologna, fondata sui commerci, il ciclo della seta, le stamperie, lo Studio e il prestito, la comunità non era mai stata confinata ma si era liberamente inserita in più zone del sistema urbano di Bologna. L’area del ghetto, racchiusa tra la via Cavaliera (Oberdan), cardo romano, la radiale San Donato (Zamboni) e a nord l’importante via di mezzo di San Martino (Marsala), rappresentava una antichissima parte di Bologna a ridosso delle remote mura di selenite fuori porta Ravegnana e attraversata da un ramo del torrente Aposa, perlopiù a cielo aperto. Aveva preso forma sui principi dei borghi con un sistema spontaneo, labirintico e interstiziale tra le direttrici che da porta Ravegnana si dirigevano a levante. Qui una presenza ebraica radicata, medievale, sottolineata poi con via de’ Giudei, asse del Ghetto, fu particolarmente legata alle funzioni mercantili della zona (sede della prima ‘Piazzola’) e all’Arte dei Drappieri, poi Strazzaroli, unica arte di riferimento per gli ebrei, che ne eresse la propria rinomata sede. Ancora un legame con l’area lo si rintraccia nel simmetrico ‘trebbo degli ebrei’ zona di cambio, ove sorse nel XV secolo il Palazzo della Mercanzia. Dal ’600 in poi l’area del Ghetto, dimenticata tale destinazione, sopravvisse, come uno spazio interiore, una enclave urbana, subordinata allo sviluppo dei significativi complessi che si andavano sempre più sviluppando lungo le importanti strade che a cornice ancora oggi la racchiudono.”